Caro Direttore,
a suo tempo, dietro Tuo preventivo benestare di massima, Ti mandai il mio scritto letto alla presentazione del volume di Mattia Persiani Il diritto del lavoro, di fronte ad un pubblico folto e autorevole.
Credo che la frase su cui Tu richiami la mia
attenzione debba essere letta nel contesto, cioè di un discorso venato di auto
ironia e di ironia, onde attenuare la tradizionale serietà dell’appuntamento.
Qualcuno del Comitato Scientifico mi ha detto che la frase avrebbe dovuto essere tolta, perché un fuor d'opera, visto che parlando di Caio non potevo citare Tizio. Per lui forse sì, ma per me no: per attenuare l'impressione di un discorso laudativo per circostanza, non potevo limitarmi a dire che le cose dette le pensavo sul serio; ciò non sarebbe bastato, anzi avrebbe prodotto l’effetto contrario, se non l’avessi fatto seguire da una battuta, condensata in quella frase per cui altro cantore avrebbe dovuto chiamare per sentire... il controcanto: questa è mera arte della retorica, uno la conosce o non la conosce, tertium non datur.
Ma perché mai dovrei scrivere a piene lettere che mi riferivo proprio al Professor Umberto Romagnoli, quando il citarlo non è necessario per l’identificazione ed appesantisce la battuta? E, poi, trattandosi di una battuta riferita al carattere ben noto del personaggio, che senso ha chiedere una puntuale motivazione per permettergli di difendersi? Se uno dicesse e scrivesse che c’è un collega padano un po’ violento in pubblico e un po’ sboccato in privato, forse che dovrebbe aggiungere trattarsi del Professor Franco Carinci, e fornire tutta la prescritta documentazione in proposito?
Siamo al ridicolo. Anzi, siamo oltre il ridicolo, perché allorché io ero Presidente dell’Aidlass, il Comitato Direttivo mi riprese severamente per non aver fatto pubblicare negli Atti del Congresso dell’Associazione un intervento del Professor Marcello Pedrazzoli che conteneva frasi non pronunciate, e gravemente offensive nei miei confronti, accusato di connivenza con il Rettore Tito Carnacini ai tempi ormai lontanissimi dell’occupazione di Giurisprudenza, e di inadeguatezza rispetto al mio maestro Federico Mancini, per essere lui al servizio del “merito”, ed io, invece, del “demerito”. Dopodiché lo scritto venne integralmente pubblicato negli Atti del Convegno dell’anno successivo.
Una battuta, mio Dio, una battuta. Forse Tu non lo sai, ma Umberto Romagnoli è grande e grosso, capace non solo di dare, ma anche di prendere colpi pesanti, immaginiamoci una punzecchiatura da una zanzarotta del delta del Po. Tu dirai, perché se è una cosa da poco non vuoi accettare di fare come ti si chiede, di dire apertis verbis che sì, è Romagnoli e che ce l’hai con lui perché ha attaccato il caro collega Persiani; beh, amico mio, per una ragione semplicissima, che arrivato a 66 anni, ex Presidente dell’Aidlass, ed attualmente Vice Presidente per l’Europa dell’Associazione internazionale, non mi sento proprio di cambiare categoria di appartenenza, cioè di passare da quella degli uomini no a quella degli uomini sì: è l’assurdità della pretesa, non la dimensione dell’oggetto della pretesa medesima che la rende totalmente inaccettabile.
Da buon
discriminato, mi sono messo a cercare una nuova patria che mi ospiti, e, senza
preoccupazione alcuna per il dire della gente per bene, circa l’esistenza di una
salda amicizia e stima fra di noi, cosa peraltro notoria che si potrebbe
suggerire senza doverla accompagnare con le rispettive carte d’identità, questa
nuova patria l’ho trovata nella prestigiosissima rivista dello stesso Mattia
Persiani: cosa che ieri Persiani non
aveva ritenuto opportuno, potendo sembrare un gesto di auto-esaltazione; ma che
oggi considera necessario, come risposta ad una inaccettabile
censura.
Cordialmente,
Franco Carinci
P.S.: a proposito ho ricevuto il libro che raccoglie le notarelle di Giuseppe Pera. Bhè con te direttore non dovrebbero più essere pubblicate.