NellŽeconomia complessiva della trattazione, il primo capitolo del libro svolge la doppia funzione di ripercorrere lŽevoluzione storica della normativa (nelle sue tre tappe fondamentali: dellŽart. 2128 c.c., della l. n. 264/1958 e della l. n. 877/1973), onde consentirne unŽanalisi diacronica, nonchè alla funzione di tracciare lo sfondo socio-economico in cui si colloca attualmente il fenomeno del lavoro a domicilio. Sul primo punto è interessante notare come, rispetto alla giurisprudenza dei primi anni del secondo dopoguerra, la l. n. 264/1958 - in ragione dellŽaffermarsi del paradigma del lavoro industriale alienato - abbia comportato un deciso restringimento della fattispecie del lavoro a domicilio che fu ancorata allŽart. 2094 c.c., per di più nel modo ingenuo della identità con la subordinazione del lavoro svolto allŽinterno dellŽimpresa. La successiva l. n. 877/1973 ha, come noto, eliminato tale ingenuità e pone lŽinterprete dinnanzi al dilemma della persistente rilevanza o meno della "subordinazione" (eventualmente intesa in senso conforme alle particolarità strutturali del settore). Tuttavia, la legge, più che alla regolazione del lavoro a domicilio, è in primis rivolta alla tutela del lavoro interno come è reso palese dal forte aggravio dei costi transattivi sopportati dal committente (p. 32), giustificato da un disegno di "funzionalismo sociale" di difesa dello stesso lavoro dipendente interno che nei primi anni '70 era appannaggio, quasi esclusivamente, dei lavoratori di sesso maschile.

Ma la crescita produttiva che non si accompagna più, almeno nel settore manifatturiero, ad un aumento dellŽoccupazione, così come lŽidoneità del lavoro a domicilio a rispondere alle esigenze di individualizzazione che provengono in modo crescente dalla forza lavoro, sempre più emanciata da modelli sociali precostituiti (Giddens), ha progressivamente emarginato questo disegno regolativo sotteso alla l. n. 877/1973 (p. 33 ss.). Ed in effetti lo scenario attuale del lavoro a domicilio è sempre più quello di un lavoro deliberatamente auto-organizzato, non solo per quanto attiene al dove ma anche al come ed al quando della prestazione lavorativa, il quale solleva istanze protettive diverse da quelle del 1973 in parte accolte, sebbene in modo tecnicamente discutibile (p. 50-51), dalla l. n. 192/1998 sulla subfornitura nelle attività produttiva.

Nel corso degli anni Ž90 lo scenario del mercato dei lavori a domicilio ha poi visto lŽirruzione del lavoro a distanza relativo al bene immateriale dellŽinformazione (lavoro, pertanto, non più "mani"- bensì "mente-fatturiero") il cui sviluppo è stato accellerato dallo straordinario progresso informatico e telematico. In limine alla successiva analisi giuridica, che è svolta nel sesto capitolo, nel 6° § del primo capitolo si è tentato di porre in evidenza gli aspetti del telelavoro di più marcata differenziazione rispetto al lavoro a domicilio tradizionale. Oltre al bene immateriale oggetto della prestazione lavorativa, si è individuata (p. 55) (a) la maggior importanza delle conoscenze individuali del lavoratore, (b) la maggior „organizzabilità" del lavoro per risultati e (c) la connotazione socialmente positiva del lavoro a distanza su base informatica.

Tracciato il quadro socio-economico di fondo, si passa quindi nel cap. secondo allŽanalisi delle fattispecie attualmente previste dallŽordinamento (quella „dellŽart. 1 della l. n. 877/1973 e quella „codicistica" dellŽart. 2128 c.c.). La prima di queste due fattispecie viene analizzata distinguendo sei aspetti e cioè il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa, il lavoro retribuito, il committente, le materie prime o accessorie e le attrezzature, lŽaiuto accessorio e il cosiddetto „vincolo di subordinazione". Complessivamente emerge una condivisibile tendenza giurisprudenziale ad interpretare tutti gli elementi della fattispecie alla luce del modo in cui il lavoro a domicilio può concretamente svolgersi in ragione di unŽesigenza di effettività della disciplina protettiva sulla cui necessità costituzionale ha recentemente posto lŽaccento la stessa Corte costituzional nella decisione n. 49/2000 (v. p. 59 ss.) che ha dichiarato lŽinammissibilità della proposta referendaria avanzata dalla lista Bonino (ma già lŽart. 2 della l. n. 858/1980 deve essere ascritto, a pieno titolo, a tale orientamento: v. p. 104 ss.). EŽ questŽesigenza di effettività che: porta ad includere nella fattispecie anche il lavoro a domicilio occasionale (p. 154 ss.); identifica le direttive dellŽimprenditore nella semplice consegna di un modello (p. 142 ss.); svaluta la retribuzione quale elemento essenziale della fattispecie (p. 80 ss.); porta a ricomprendere tra gli aiutanti anche soggetti distinti dai familiari conviventi e a carico (p. 110) semprechè sia rispettato il limite dellŽaccessorietà; che consente, infine, di ritenere prevalente il lavoro anche in caso di attrezzature costose (p. 106-107). Ne esce una quadro in cui le vere alternative qualificatorie alla sussistenza della fattispecie del lavoro a domicilio ex art. 1 l. n. 877/1973 sono rappresentate dalla vendita di cosa futura, in cui il dare prevale sul facere, e dallŽappalto, in cui pur consistendo lŽobbligazione principale in un facere, la fiducia del creditore della stessa è riposta (non sulla persona del lavoratore ma) sullŽorganizzazione dellŽappaltatore. In assenza di questa fiducia sullŽorganizzazione, lo stesso caso ricorrente del lavorante a domicilio che si avvale di un aiuto non semplicemente accessorio di altri soggetti viene risolto dalla giurisprudenza, non come negazione della fattispecie legale del lavoro a domicilio, ma in virtù del riconoscimento della sussistenza di una pluralità di rapporti di lavoro a domicilio (p. 115-116). Comittente-imprenditore, prestazione di lavoro, disponibilità da parte del datore di lavoro del luogo di lavoro e intuitus personae (e, più precisamente, intuitus relativo alla prevalenza del lavoro proprio del lavoratore) costituiscono anche i connotati della fattispecie codicistica che è, al contempo, più larga di quella dell' art. 1 della l. n. 877/1973, essendo quest'ultima "limitata" alle attività semplicemente riproduttive (con esclusione quindi di quelle ideative: v. p. 165 ss.) e a quelle con aiuto semplicemente accessorio. In conclusione, al già richiamato dilemma sulla rilevanza della subordinazione si deve dare risposta negativa nel senso che entrambe le fattispecie di lavoro a domicilio, includono sia le prestazioni di lavoro subordinato che le prestazioni d'opera ex art. 2222 c.c. (e sono, pertanto, sans phrase). Quest' ultima dicotomizzazione viene in considerazione "unicamente" per decidere l'applicazione o meno di effetti ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti dalla l. n. 877/1973 (si pensi ad esempio, alla disciplina limitativa dei licenziamenti; v. p. 430 ss.) o resi indirettamente applicabili dall'art. 2128 c.c.. Il tutto si svolge secondo la logica dell'et-et e si può efficacemente rappresentare con l'immagine delle fattispecie a cerchi concentrici.

Una volta operata la sistemazione delle fattispecie, la trattazione si sposta - nei successivi capitoli 3° e 4° - sul piano delle discipline che l'ordinamento riconnette alle fattispecie medesime.

La disciplina pubblicistica del mercato dei lavori a domicilio è stata fino ad oggi ispirata dalla triplice fnalità di controllo, rispettivamente, ispettivo, dell'idoneità a commettere lavoro a domicilio e dell'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro a domicilio. (a) L'attività, in particolare, dell'ispettorato del lavoro continua ad essere caratterizzata da quella che già Oscar Capocci chiamava l'"esagerato feticismo" dell'inviolabilità del domicilio del tutto ingiustificato alla luce degli orientamenti della giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n. 10/1971; v. p. 258-259). (b) Il controllo sull'idoneità a commettere lavoro a domicilio ha luogo attraverso il registro dei committenti stessi; in particolare e come noto, è interdetta l'iscrizione agli imprenditori i quali intendono attraverso la cessione di macchinari e attrezzature proseguire, grazie al ricorso al lavoro a domicilio, lavorazioni precedentemente svolte all'interno dell'impresa. Sul punto viene prospettata la tesi della funzione certificativa dell'iscrizione (p. 262) mentre l'assenza dell'iscrizione consente "semplicemente" di instaurare una presunzione di sussistenza delle ragioni ostative; l'effettiva sussistenza di queste ultime determina, infine, la qualificazione dei rapporti di lavoro come subordinati ex art. 2094 c.c. (Mazzotta). (c) Sulla disciplina dell'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro a domicilio manifatturiero nel libro viene argomentata l'applicazione (non contemplata espressamente) del 2° co. dell'art. 9 della l. n. 608/1996 mentre - per quanto attiene all'apparato pubblicistico di controllo si è tentato, anzitutto, di mettere a fuoco il suo progressivo ridimensionamento (alias l'eliminazione degli organismi comunali e della commissione centrale) e di prospettare l'opportunità che le relative funzioni siano pro futuro svolte in parte (monitoraggio e studio del fenomeno) dai costituendi comitati per l'emersione del lavoro non regolare (p. 296) e, per altra parte (tenuta dei registri dei committenti), da organi monocratici amministrativi (p. 297 in analogia con il controllo degli albi dei fornitori dei prestatori di lavoro temporaneo ed in polemica con la legislazione regionale attuativa del decrentramento del collocamento); ammesso ma non automaticamente concesso che abbia senso mantere siffatta funzione.

A fronte della pressochè totale assenza di contenzioso in ordine ai diritti e doveri delle parti del rapporto di lavoro (p. 312-354; p. 392-452), si registra - come noto - un persistente contenzioso previdenziale alimentato dall'Inps nel duplice senso (a) del tentativo della riqualificazione di artigiani senza dipendenti come lavoratori a domicilio e (b) della negazione di singole prestazioni previdenziali (prepensionamento, trattamento speciale di disoccupazione e trattamento di mobilità; p. 362 ss.). Se quest'ultimo atteggiamento appare apertamente in contrasto con la formulazione omnicomprensiva dell'art. 9 della l. n. 877/1973 (in specifico, sull'indennità di mobilità v. p. 367-369), l'altra ragione del contenzioso rappresenta probabilmente, almeno allo stato attuale, il problema più sentito nella pratica; al di là delle giustificazioni ufficiali, esso è stato probabilmente alla base della recente proposta referendaria radicale di abrogazione della l. n. 877/1973. Nel testo si è tentato, anzitutto, di chiarire la ragione di fondo di siffatto contenzioso giungendo alla conclusione che, rebus sic stantibus, le due fattispecie del lavoro a domicilio ex art. 1 l. n. 877/1973 e dell'artigiano (senza dipendenti) possono sovrapporsi sicchè si deve decisamente revocare in dubbio la tenuta dell'attuale sistemazione previdenziale che contempla regimi, e soprattutto livelli contributivi, differenziati per le due figure (p. 211-212). E il rimedio - più volte perseguito in questi anni - di rafforzare il valore (previdenziale) dell'iscrizione all'albo degli artigiani rimuove ma non risolve il problema.

Conclusa l'analisi delle fattispecie e delle relative discipline, il 5° cap. proietta, per così dire, la regolamentazione nella dinamica del giudizio anche al fine di impostare metodologicamente la questione delle molte lacune attualmente esistenti, a cui l'ordinamento fa fronte con la già descritta tecnica delle fattispecie a cerchi concentrici. Sul punto si ripropone l'opzione per il metodo tipologico funzionale a cui si ascrive anche la nota presa di posizione di Mengoni secondo una scelta che pare aver trovato conferma nella sua relazione introduttiva, su Il contratto di lavoro nel secolo XX, del recente convegno AIDLASS 2000.

Ora, nell'analisi delle fattispecie e delle relative discipline si è deliberatamente prescelto di espungere tutte le questioni relative al telelavoro domiciliare. Nel libro si è cioè operata la scelta di rinviare la trattazione di tutti questi aspetti ad un capitolo unitario che conclude il libro stesso. Questa parte dedicata al telelavoro ha inizio con la descrizione empirica del fenomeno e con il charimento dell'estrema pericolosità di definizioni precostituite (rispetto alle fattispecie normative) dello stesso (p. 521-524). Dal punto di vista giuridico, e per coerenza con la rammentata ricostruzione sostenuta nel 2° cap., le attuali alternative qualificatorie sono rappresentate in prima battuta dalle due fattispecie legati di lavoro a domicilio ed in seconda battutata dallŽalternativa tra lavoro eteroorganizzato e prestazione dŽopera. Infine, considerato che le due fattispecie di lavoro a domicilio richiedono la disponibilità da parte del lavoratore del luogo di lavoro, il confronto è stato necessariamente ristretto a tre delle varie tipologie di telelavoro: quello svolto a casa, in un edificio telematicocondiviso oppure in forma di piccola impresa. Mentre l'attitudine dellŽart. 2128 c.c. a contenere, in presenza di istruzioni preventive e di prevalenza del lavoro proprio, le suddette forme di telelavoro non è seriamente revocabile in dubbio, si è molto discusso sull'utilizzabilità o meno dello schema dellŽart. 1 della l. n. 877/1973. Sul punto si aderisce all'impostazione funzionale di Ichino che ha affermato la riconducibilità del telelavoro anche a questa fattispecie di lavoro a domicilio negando però l'applicazione di tutti gli effetti legati alla produzione di beni materiali e quindi sostanzialmente l'intera l. n. 877/1973 salvo l`art. 11, 1 co. e il fondamentale art. 9 sugli aspetti previdenziali. Tuttavia, si deve subito specificare che il sempre più diffuso telelavoro interattivo presenta al contempo tutte le caratteristiche per rientrare anche nel secondo "cerchio" del lavoro eteroorganizzato poichè le tecnologie informatiche e telematiche consentono di ridurre ai minimi termini lŽautonomia personale del lavoratore (p. 534) ed esso si svolge generalmente con rientri periodi in azienda (telelavoro alternato), con obblighi di reperibilità, con obblighi di partecipazione a riunioni periodiche e la facoltà del creditore di lavoro di scegliere e sostituire in ogni momento il software applicativo. Non è qui possibile ripercorrere tutti gli aspetti relativi, invece, al piano della disciplina del telelavoro domiciliare: dalla postazione di telelavoro (incluso, lŽuso del videoterminale), allŽisolamento del telelavoratore, allŽuso del software di elaborazione in rete delle informazione, alla posta elettronica e alla navigazione in Internet nonchè, infine, allŽattività sindacale on line. Su tutti i punti un approccio per equivalenti funzionali così come teorizzato nel 5° cap., consente all'interprete un buon grado di adattamento della normativa di tutela esistente. Il libro si chiude con il confronto con la disciplina sul telelavoro domiciliare con la p.a. criticata per l'eccessiva rigidità e con il progetto di disciplina del telelavoro predisposto dalla Commissione lavoro del Senato (p. 607-620).